La scelta del Governo di passare la mano all’ESA la gestione del PNRR spaziale nazionale: la convinta posizione di sostegno da parte dell’esperto spaziale Prof. Ezio Bussoletti ex Vice Presidente dell’ASI.

Ecco un ampio stralcio dell’articolo di Ezio Bussoletti in cui si compendiano le ragioni secondo cui l’azione del Governo eè sta necessaria ed opportuna.

“Su questa scelta del governo si è determinata molta agitazione anche con l’intervento dei sindacati presenti in Asi e interrogazioni in parlamento, in buona parte stimolata da personaggi che hanno giocato più ruoli in commedia nel tentativo maldestro di bloccare e far saltare l’accordo.

Personalmente trovo le critiche poco difendibili per varie ragioni: da una parte perché le stesse entità in agitazione erano sempre state assenti da qualunque avvenimento determinatosi in questi anni in Asi e sono state ancor meno presenti di fronte allo scivolamento verso il basso, sino quasi all’irrilevanza, dell’Agenzia a livello internazionale come è apparso evidente nelle ultime competizioni che hanno visto l’Asi in una posizione imbarazzante e non difendibile, in alcuni casi, viste le contestazioni sollevate dalle delegazioni degli altri paesi membri dell’Esa.

Data quindi la situazione proviamo invece ad analizzare quanto è stato formalizzato il 16 Dicembre e quali possono essere le conseguenze delle scelte adottate.

Il messaggio politico chiaro è che il Ministro delegato ha finalmente assunto il ruolo che gli compete per legge assumendosi la responsabilità delle scelte strategiche e riportando l’Asi al suo compito istituzionale, quello di agenzia implementante delle scelte politiche assunte dal governo. Il fatto in sé è rivoluzionario perché da due decenni i Presidenti dell’Ente erano stati lasciati totalmente liberi di fare ciò che ritenevano fosse meglio senza essere sottoposti ad alcun controllo visto anche che il Ministero vigilante storicamente non ha mai svolto questo suo ruolo; ancora oggi l’agenzia sta pagando i danni, anche di immagine, di questa situazione.

Era quindi necessario fare tabula rasa, soprattutto dopo le ultime due esperienze di gestione antecedenti l’arrivo del governo Draghi e così è stato fatto.

In parallelo è anche apparso sempre più chiaro che l’Asi, così come è strutturata e gestita, non dà alcuna garanzia di poter rispettare i tempi stringenti richiesti dal Pnrr per l’esecuzione dei lavori; in questo anche a causa dei vincoli burocratici dell’amministrazione pubblica nei confronti della quale, peraltro, non è mai stato tentato, a quanto mi consta, alcun serio tentativo di trovare soluzioni che permettessero di snellire le pratiche.

L’Esa come ente sovranazionale appare come l’unica soluzione possibile per assicurare il rispetto dei vincoli contrattuali nei tempi dovuti; di conseguenza leggere critiche sul fatto che l’operazione costerà intorno a 60 milioni di euro “sottratti quindi ad altre attività scientifiche nazionali” è assolutamente indifendibile. Da una parte vogliamo i soldi del prestito (ricordiamolo sempre) per far lavorare la nostra industria, ma l’ente istituzionale che avrebbe dovuto realizzare le attività non ne è in grado, per cui l’unico modo per lavorare è quello di chiedere ad un ente terzo, che è efficace, di svolgere il lavoro. Perché non dovrebbe essere pagato per questo visto che il 6% è il minimo fee che ogni Università prende per gestire amministrativamente i contratti ricevuti dall’Asi ma in questo caso nessuno solleva obiezioni.

In effetti il risultato più rilevante dell’operazione ha una valenza di grande rilievo, è un intero paradigma storicamente cristallizzato e inefficace che crolla. D’ora in avanti saranno direttamente i governi a definire le strategie e a dare ordini esecutivi alle agenzie nazionali che perdono, l’italiana in primis, quella indipendenza mai indicata negli statuti ma spesso acquisita per lo scarso interesse o capacità di visione di chi avrebbe dovuto vigilare e indirizzarne i lavori.

Molti governi si sono risvegliati da analogo torpore politico e più di un paese ha apprezzato il passo italiano e sta considerando di adottare lo stesso approccio che da oggi in Europa è diventato un punto di riferimento avanzato per molti.

In più, le cifre messe in gioco dall’Italia sono molto maggiori (da due a tre volte) di quelle che gli altri paesi hanno scelto nel loro Pnrr così che l’Italia da terza è passata a essere il primo contributore dell’Esa acquistando un potere negoziale mai avuto in passato e che sta mettendo in difficoltà, e non poco, Francia e Germania che si sono viste sorpassare in maniera inattesa da chi non avevano mai molto considerato competitivo.

Anche le varie agenzie nazionali mostrano un crescente nervosismo vedendo il rischio di una considerevole perdita di peso specifico nei rispettivi paesi e nei confronti dello stesso mondo industriale dove prima imperavano ossequiate dai vari questuanti.

Grazie a questa operazione, il Direttore Generale di Esa ha ridato fiato e smalto all’agenzia in prossimità del lancio di febbraio 2022 delle attività previste dall’Agenda 2025 in un contesto in cui la nascita dell’Agenzia dell’Unione europea per il programma spaziale, Euspa, rischiava di ridurre l’Esa in una posizione ancillare di semplice fornitore d’opera.

Sono saltati equilibri storici ed altri si stanno costituendo con l’Italia che sta riconquistando un ruolo di primo livello nelle Osservazioni della Terra ed anche nel settore del volo (lanciatori e Space Rider) nel momento in cui Vega viene potenziato andando a competere alla pari con i francesi nella motoristica di avanguardia mentre Germania e Spagna iniziano a voler competere nei vettori di piccola taglia per partecipare alla grande kermesse dei lanci delle costellazioni dei mini e micro satelliti in LEO.

Questo il nuovo quadro di riferimento; riuscirà il Ministro Colao a mettere in piedi forze sufficienti capaci di successo anche grazie al supporto dell’Esa? Sarebbe sperabile purché non compia il tipico errore di attorniarsi di esperti magari bravi in settori specifici ma troppo giovani per poter competere con i nostri competitori che sfruttano anche e soprattutto personale non soltanto con competenze tecniche ma anche con una storia pregressa seria e riconosciuta a livello internazionale. Il rischio c’è.”

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