Atto n. 3-02804 (in Commissione)
Pubblicato il 7 settembre 2021, nella seduta n. 357
PITTELLA - Al Ministro dell’università e della ricerca. -
Premesso che:
il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) è il più grande ente di ricerca pubblico nazionale con oltre 8.000 dipendenti e circa 6.000 ricercatori e tecnologi, vigilato dal Ministero dell’università e della ricerca, al pari degli altri enti di ricerca pubblici dotato di un fondo ordinario (FOE) che è di circa 650-660 milioni di euro all’anno, impiegato quasi totalmente (per il 95 per cento) per le spese del personale;
i fondi per la ricerca e in molti casi per pagare le utenze e la gestione delle aree di ricerche sono reperiti dai ricercatori e dai tecnologi tramite progetti regionali, nazionali e internazionali, nonché tramite attività in collaborazione con aziende e industrie. Solo grazie alla bravura e alla passione dei ricercatori e dei tecnologi del CNR, si riesce a raddoppiare il bilancio portandolo a circa un miliardo e 300 milioni di euro all’anno, permettendo di svolgere un’eccellente attività di ricerca competitiva a livello internazionale;
al di là di questo meccanismo virtuoso del tutto affidato ai ricercatori e tecnologi, il sistema presenta forti criticità non presenti in altri enti di ricerca nazionali (ad esempio l’Istituto nazionale di fisica nucleare) di altri Paesi (CNRS francese o il Max Plank tedesco), in cui il FOE oltre a coprire le spese di personale consente anche di svolgere parte della ricerca e soprattutto di valorizzare il personale;
secondo quanto previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro, il CNR dovrebbe effettuare concorsi interni con una cadenza biennale al fine di dare la possibilità ai ricercatori e tecnologi meritevoli di fare un avanzamento di carriera passando al livello di primo ricercatore o tecnologo o a quello di dirigente di ricerca o dirigente tecnologo;
negli ultimi 10 anni, invece, sono stati effettuati solo due concorsi interni (2010 e 2020), saltando ben 4 bienni, e quindi con un esiguo numero di posti, decisamente inferiore alle “accumulate” esigenze del personale ricercatore e tecnologo;
ciò ha prodotto, in questo ultimo decennio, un’enorme disparità della distribuzione di livelli tra il CNR, l’università ed altri enti quali l’INFN;
attualmente, solo il 10 per cento di ricercatori e tecnologi CNR ha raggiunto il livello apicale di dirigente di ricerca, mentre nelle università il 29 per cento del personale docente occupa il ruolo di professore ordinario;
altrettanto drammatica è la situazione del livello intermedio, ossia quello di primo ricercatore, con una percentuale del 19 per cento rispetto al 49 per cento di professori associati;
conseguenza di ciò è il mancato riconoscimento delle professionalità maturate attraverso un pluriennale lavoro di impegno e di notevoli sforzi da parte dei ricercatori e tecnologi, ma forse ancor più importante è la minor competitività a livello internazionale in cui in molti casi la posizione del proponente è determinante;
premesso inoltre che:
recentemente il CNR ha svolto un concorso interno in cui, grazie a criteri selettivi, circa un terzo dei candidati è risultato idoneo (1.334), ma, a causa della scarsità dei posti messi a disposizione, poco più di un terzo degli idonei è risultato vincitore (520). Gli idonei non vincitori vantano curriculum di tutto rispetto con abilitazioni scientifiche nazionali per professore universitario di prima e seconda fascia e importanti responsabilità di progetti, i cui stessi fondi permettono in buona parte di coprire le spese di funzionamento dell’ente;
sarebbe auspicabile che tutti gli idonei potessero vedere riconosciuta la loro professionalità anche in vista di un maggiore equilibrio della distribuzione dei livelli professionali, di un criterio di economicità legato alle spese per nuove procedure concorsuali e di un’esigua spesa che ammonta a circa l’1 per cento del bilancio dell’ente;
il diritto a vedere riconosciuta la propria crescita professionale è lo strumento attraverso cui si favorisce la sana competizione scientifica che è alla base dei progressi che il CNR è chiamato a compiere in tutte le sue aree disciplinari. La miopia che conduce all’assenza di una strategia di valorizzazione del personale contribuisce a spegnere quella forza emotiva che spinge centinaia di ricercatori ad essere il motore propulsivo dell’innovazione del nostro Paese;
a peggiorare le cose, alcuni milioni di euro, residuati dallo stesso concorso e che avrebbero potuto permettere la progressione di carriere di almeno un centinaio di ricercatori e tecnologi, sono stati invece allocati su un fondo di tutela dell’ente, scatenando l’indignazione e lo sgomento di tutti gli idonei,
si chiede di sapere quali iniziative urgenti il Ministro in indirizzo intenda adottare al fine di consentire al più grande ente di ricerca pubblico nazionale del nostro Paese di svolgere in modo adeguato l’attività di ricerca scientifica nei principali settori della conoscenza, valorizzando al contempo la competenza, l’esperienza e la preparazione delle professionalità che lavorano al suo interno.